Teatro

Cinema cielo di Danio Manfredini

Cinema cielo di Danio Manfredini

Dopo il teatro Mercadante di Napoli, (in scena fino a Domenica)
Torna al Teatro dell’Elfo dal 28 febbraio al 19 marzo

Cinema cielo
ideazione e regia di Danio Manfredini

conPatrizia Aroldi, Vincenzo Del Prete, Danio Manfredini, Giuseppe Semeraro

luci di Maurizio Viani
realizzazione colonna sonora di Marco Olivieri
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Festival Santarcangelo dei Teatri


C’era una volta a Milano il Cinema Cielo, in viale Premuda, una sala a luci rosse ora chiusa. Lo spettacolo è ispirato a questo luogo e mette sotto la lente d’ingrandimento un’umanità per la quale il sesso è bisogno, evasione, merce, voglia di compagnia e fantasma d’amore.
Con lo sguardo rivolto alla platea di questo cinema, lo spettatore spia le presenze che la abitano mentre, contemporaneamente, scorre il sonoro di un film liberamente ispirato ad un romanzo di Jean Genet, Nostra Signora dei Fiori, dove si racconta di Louis, che tutti chiamano Divine, e dei suoi amanti, in particolare quello che da titolo all’opera, un seducente assassino.

DALLA RASSEGNA STAMPA:
Figura assolutamente atipica del teatro italiano di questi anni. Attore, autore e regista, artista visivo, ex operatore negli istituti psichiatrici, personalità geniale e volutamente un po’ ai margini, Manfredini ha avuto un’idea folgorante, nata prima come spunto per un dramma radiofonico, poi sviluppata in palcoscenico: ha infatti costruito questo lavoro su un locale milanese “a luci rosse”, celebre per il fatto che durante le proiezioni hard nel buio della sala si celebrava ogni sorta di incontri proibiti. La scelta di esplorare la piccola umanità di “diversi” e maniaci di ogni sorta che ne erano i frequentatori abituali passa attraverso una sensibilità plasmata dai torbidi rituali dell’autore di riferimento, Genet.
L’immagine iniziale è mozzafiato: il sipario su cui è proiettata la facciata del cinema si apre svelando l’iper-realistica ricostruzione del suo interno, con le file di poltroncine voyeristicamente speculari a quelle in cui sediamo. Nella falsa platea non mancano falsi spettatori, manichini vagamente kantoriani sprofondati nei propri posti come vecchietti nei banchi della classe morta: accanto a queste presenze costanti – immobili e silenziose presenze costanti – quattro soli attori danno vita a una galleria di stralunate figurette. Renato Palazzi, Il sole 24 ore

Sono tutti lì alla ricerca di un sogno che dia un senso alla giornata, mentre non mancano d’intervenire le cassiere urlanti, un direttore compiacente e il poliziotto chiamato per un’emergenza. Si rivive insomma una quotidianità abnorme dai riflessi mortuari in questo quadro dal realismo estremo da misurare con la fiction: di fatto questa meccanica visione desolata si accoppia con qualche coincidenza all’audio del film che quei personaggi dovrebbero essere lì a guardare…
Ma un terzo piano soggettivo si alterna allo sfogo di esibizionismi non solo erotici, tanto che compare pure un giocoliere flaubertiano con corredo volante di palline rosse: apre infatti e chiude lo show il bravissimo Danio Manfredini, trasformandosi in un angelo con pagliaccetto rosso e due alucce al quale è stato chiesto di dare amore a tutti i suoi simili: e, grazie alla levità di questo inquadramento celeste, il porno si fa mistero tra gli applausi dei fan.
Franco Quadri, la Repubblica

Cinema Cielo è un’opera commovente sulla solitudine, dove scorre, quasi danzando, un lungo catalogo di tipi – il gay, lo sposato, l’immigrato, il voyeur – diversi ma accomunati dalla stessa condizione, patetiche marionette del desiderio che, nella estenuante variazione degli amplessi, cercano di afferrare il tema sfuggente dell’amore.
Attilio Scarpellini, Diario